giovedì 12 febbraio 2009

Compagno di sbronze

E non per vantarmi ma oggi è una giornata bellissima, c'è un sole che fa vedere tutta la laguna o meglio, golfo, che forse la laguna non è né un termine adatto né un nome che le rende giustizia.
Dio è ubriaco fradicio, io sono sobrio fradicio, entriamo in macchina e mi tolgo le scarpe per non sporcare il pavimento lui sceglie la musica, fuma, sigarette col braccio fuori, io no , non fumo, fumo solo quando bevo e oggi non ho bevuto, lui sì, e canta una vecchia canzone dei Diaframma.
Quando anni fa ho cominciato ad ascoltare i Diaframma non immaginavo che piacessero anche a Dio, per lo meno non immaginavo che gli ascoltasse anche lui insomma.
Se lo sapesse Federico.
Poi gli parlo un po' di te, andando su verso i colli che si vede tutto il mare, gli dico che mi fai male quando ti penso, chè in realtà non ti penso mai ma ti immagino spesso, ad esempio so che oggi è una giornata in cui ha pranzato sull'erba fuori dal tuo lavoro, e che mi vengono in mente mille cose così al giorno e queste mi feriscono sottilmente, paradossalmente.
Lui sembra non ascoltare.
Forse seccato perchè ho abbassato il volume dello stereo.
In realtà penso, se vuole la musica più alta non deve far altro che desiderarlo e questa si alzerà, quindi non mi sento in colpa più di tanto.
Gli racconto che tra un po' te ne andrai via da questa città e che la cosa più furba che ho saputo fare è allontanarti da me, allora lui si gira mi guarda e mi sorride come una presa in giro e da dietro gli occhiali da sole mi sussurra "coglione".
Poi gli racconto tutto, tanto è abituato, ci passiamo la terza bottiglia di fragolino e guido per il carso illuminato a luci chiarissime, parlo di te e di noi dalla prima volta che abbiamo scopato ubriachi e fatti a casa dei miei genitori, quando ti ho convinta a partire con me e il mio migliore amico e ad andare dall'altra parte del Nord con la tua macchina e che a convincerti non ci è voluto nulla, delle mille volte che ti ho fatto piangere e delle mille volte che poi hai pianto, di quanto hai riso e di tutto quello che abbiamo mangiato, gli aerei presi, i libri prestati, la musica nuova uscita dalle casse e io che finivo sempre dentro di te in ogni via e in ogni notte fino all'ultima volta che hai chiuso la porta di casa, piano per non svegliarmi, e non sbattendola come da copioni.
Finito tutto il racconto e la bottiglia, Dio si gira verso di me mi guarda abassa la musica mi guarda negli occhi dritto e tutto il mondo si ferma così come il sangue nelle mie arterie, ma non sto male, solo aspetto e il volto mi viene caldo come sole di pomeriggio, insomma si gira e con un alito di alcool e tabacco mi guarda e mi dice:
"Accosta che devo pisciare"

Accosto lui scende si mette a fare pipì contro un muretto a secco.
Io penso che mi piacerebbe vedere il pisello di Dio
ma non sbircio
metto su un'altra canzone e mi accendo una sigaretta
e penso che vorrei stenderti qui e fare l'amore selvaggiamente
poi mi viene in mente il tuo viso mentre facciamo sesso
una fitta nel fianco
la porta si richiude
"andiamo"
credo di essere simpatico a Dio
ma forse comincio ad essere alticcio e a sopravvalutarmi
come al solito.

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